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La libertà di Ronaldo deve valere per tutti

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A cura di Massimiliano Vitelli

Come nei telefilm del tenente Colombo, nei quali ti dicono prima chi è l’assassino e poi ti fanno vedere come lo strampalato poliziotto riesce ad incastrarlo, anche noi partiamo dalla fine.

Cristiano Ronaldo, che si è fatto il segno della croce dopo un gol su rigore, non verrà schiaffato dietro le sbarre, cosa che invece è accaduta a tanti altri, anche per molto meno.

In Arabia Saudita, mostrare in pubblico la propria fede religiosa (se non è quella musulmana), è reato. Ma quando sei Cristiano Ronaldo lo è un po’ meno.

“Può esultare come vuole” e “se vuole indossare l’orecchino con la croce è libero di farlo”, si affrettano a dire dal Board della Saudi Pro League.

Bene, ma non benissimo, almeno per ora. Perché il dubbio sul fatto che a CR7 venga concesso di fare ciò che gli pare in quanto portatore sano di ricchezza, denari e sponsor è davvero forte.

Applaudiremo e d esulteremo come a un gol quando il trattamento riservato alla star portoghese verrà esteso a tutti, quando il dichiararsi appartenenti alla comunità LGBT+ non porterà a dover subire punizioni corporali giudiziarie (!) in pubblico, quando le donne potranno andare al cinema o allo stadio da sole e non per forza con l’ombra di un uomo accanto, quando per prendere la patente non dovranno chiedere il permesso al wali.

Questa sera il calcio accende i riflettori sull’Arabia Saudita, con la speranza che illumini anche le menti di chi può cambiare le cose.

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