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Editoriale

Il fenomeno dei tanti (e forti) calciatori africani in Saudi Pro League

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A cura di Cesare Tamborini

Scorrendo con attenzione i nomi che compongono le rose delle 18 squadre di Saudi Pro League, balza all’occhio la nutrita presenza di calciatori africani. Un numero, quello di giocatori provenienti dal “Continente nero”, che si aggira ad oltre una cinquantina. Parliamo quindi di una cifra tutt’altro che irrilevante. Da Aubameyang, a Mahrez passando per Mané, Kessié e Koulibaly sono tanti, e di peso, gli africani che hanno scelto di giocare nella massima lega saudita.

Perché?

Una domanda sorge spontanea: perché? E soprattutto: per quale motivo i calciatori africani si trovano solitamente così bene in SPL ed in generale in Arabia Saudita?

I fattori, come si può immaginare, sono molti e diversissimi tra loro. A dare una risposta ci pensano due diretti interessanti, intervistati da BBC Sport Africa. Il primo è Troost Ekong in forza all’Al-Khollod. Il trentunenne nigeriano, un passato anche all’Udinese e alla Salernitana, inizia la sua disamina partendo da considerazioni molto pratiche dicendo che “I giocatori africani stanno facendo bene in SPL perché il clima è simile a quello africano. Siamo abituati al caldo” sostenendo poi che “L’Arabia Saudita è, in generale, un luogo abbastanza facile dove adattarsi, specialmente per chi proviene da un posto come la Nigeria dove metà della popolazione è musulmana”.

Sadio Mané, all’Al-Nassr dal 2023. Foto: Screenshot @sadiomaneofficiel -2025-03-07-at-17-11-03-Instagram.

Capitano dell’Al-Kholood il quale non si limita, per così dire, a tali tematiche sociali-culturali ma entra anche nel merito più tecnico dicendo che “Nelle partite di SPL si creano spesso grandi spazi e questo dà l’opportunità a noi africani di mostrare le nostre capacità atletiche di potenza e velocità”.

Stile di vita, ma non solo

Sulla stessa lunghezza d’onda è Henry Onyekuru, attualmente in forza all’Al-Feiha. L’ala di nazionalità nigeriana parte da un presupposto e cioè che “In Arabia Saudita vi è uno stile di vita ed una cultura diversi, ma se ti piace quello che fai e ami il gioco del calcio, puoi sacrificare qualsiasi cosa”. Parole, non c’è dubbio, molto importanti alle quali fa seguito un’analisi sul fatto che giocare in terra saudita è l’ideale per un giocatore: “Qui ci si allena e poi si torna a casa, ci si riposa, si guarda un film, si aspetta la partita del giorno dopo, ci si allena e così via. Grazie a tutto questo ci si può concentrare di più. Qui si può dormire bene, allenarsi bene e quindi giocare bene perché lo stile di vita e la cultura aiutano”.

Ovviamente ci sono degli aspetti che rappresentato per l’ex Monaco e Galatasaray delle sfide. Un esempio è l’alimentazione visto che “Quando torniamo dall’Africa cerchiamo di portare alcune cose qui. Un esempio? La pasta; non ci si aspetta che un giocatore africano mangi pasta tutti i giorni”.

Buone recensioni

Considerazioni e valutazioni positive sul giocare nel Regno che, come in un normale settore lavorativo, stanno facendo il giro presso le rose di società anche europee. Una sorta di passaparola tra i giocatori africani come conferma Troost-Ekong poiché “Molti di loro sono interessati e ora che io sono qui da più di sei mesi posso dare loro una panoramica reale ed incoraggio molti giocatori del mio continente a fare il passo”.

Calciatori africani che, come da tradizione visto che succede anche nei campionati sparsi per tutto il mondo, una volta che approdano nella medesima lega creano una comunità tra loro. Su questo fatto sono eloquenti, ancora una volta, le parole del capitano dell’Al- Kholood: “Ogni volta che vedo qui un collega africano sono molto felice. C’è una vera unità e fratellanza tra noi. Veniamo dallo stesso continente e cerchiamo di raggiungere gli stessi obiettivi”.

Calciatori africani in Saudi Pro League

Kalidou Koulibaly in forza all’Al-Hilal qui impegnato in un match di AFC Champions League Elite. Foto: Koulibaly Kalidou X account.

Questione di regolamenti (anche)

Un elemento, strettamente regolamentare, che ha favorito la migrazione dall’Africa è senza dubbio l’innalzamento del limite degli stranieri. Ricordiamo infatti che in questa stagione è stato elevato a 10. Se vi è quindi l’opportunità di tesserare un giocatore non saudita in più rispetto all’anno scorso, è ovvio che vi è più chance che tale slot venga occupato da un africano. Regola che ha poi la postilla riguardante i giovani. Infatti, viene stabilito che due giocatori dei dieci stranieri ammessi di cui sopra, devono essere nati nel 2003 o successivamente.

Troost-Ekong che verifica, a proposito di giovani, che “Prendendo giocatori più giovani, si ha la possibilità di svilupparli, allenarli e renderli parte del progetto”. Un esempio è la stellina ghanese Jerry Afriyie del quale ve ne avevamo parlato durante il mercato di gennaio. Il diciottenne, che in patria ha moltissimi estimatori, è stato messo sotto contratto niente meno che dall’Al-Qadsiah e dato poi in prestito al Lugo (terza serie spagnola) per “farsi le ossa”.

Stile di vita, clima, regolamenti e non solo sono così alla base di questo fenomeno che sta riuscendo, perlomeno riguardo i calciatori, a “curare” una malattia che affligge chiunque trascorra anche solo qualche giorno nel Continente nero: il mal d’Africa. “Malattia” della quale tutta la SPL si augura non ne sarà afflitto uno dei figli più celebri del calcio africano; ovvero quel Mohamed Salah il quale è sempre di più nel mirino delle squadre saudite per arricchire la “collezione” di calciatori africani che giocano nel Regno.

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In apertura Pierre-Emerick Aubameyang con la maglia dell’Al-Qadsiah. Foto: Screenshot @auba-2025-03-07-at-17-08-24-Instagram.

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